La comunicazione “green” deve stare molto attenta al tono e al format che decide di usare.
Proprio oggi l’Advertising Standard Authority ha censurato una campagna del Dipartimento Ambientale del governo inglese, perché eccessivamente allarmante.
Comunicare non vuol dire urlare o spaventare, ma significa far recepire un messaggio.
Bisogna trovare il modo giusto di farlo.
Il concetto di comunicazione “green” non è nuovo. Le aziende cominciano a muoversi in questo campo solo da poco tempo, ma le onlus e le associazioni lo fanno già da molti anni. Proprio le ong hanno utilizzato un modo di fare “comunicazione ambientale” riconoscibile e chiaramente individuabile.
Se penso alle pubblicità di Greenpeace o di Legambiente ho subito in mente il visual che utilizzano e il loro messaggio. Spesso, sono campagne di forte impatto, con frasi catalizzanti e immagini di disastri naturali. Quello è il loro modo di parlare ai cittadini per colpire le loro corde più profonde e smuovere le anime.
Non sempre queste campagne-shock vengono accolte con favore dall’opinione pubblica e spesso generano dibattitti, talvolta anche accesi, su dove sia lecito arrivare pur di scuotere le coscienze addormentate. Ed è di oggi la notizia che in Inghilterra la campagna ‘Nursery Rhyme’ di The Act on CO2, il progetto a favore dell’ambiente promosso lo scorso inverno dal Dipartimento dell’Ambiente e del Climate Change, è stata censurata dall’ASA – Advertising Standard Authority perché rea di aver scelto un tono troppo catastrofico e di aver “spaventato” adulti e bambini.
Nello specifico, si condanna lo spot per aver utilizzato, in una favola di Esopo rielaborata, i verbi al tempo futuro (presupponendo il loro inevitabile accadimento) e non al condizionale (intendendo un’accezione di possibilità). In questo modo, dice l’ASA, si è esasperata la certezza di un futuro che non è realmente prevedibile.
Le lamentele spedite all’ASA ammontano939. Di queste, dicono in UK, è probabile che qualcuna arrivi da lobbisti nel tentativo di screditare il valore della stessa campagna di pubblica educazione.
Così come da una parte i gruppi di potere premono per i loro interessi, è anche vero che recente è lo scandalo sul ‘Climate Gate’. Secondo quanto riportato in un articolo pubblicato sul blog di ideaTRE60, per oltre 20 anni un gruppo di scienziati avrebbe manipolato in eccesso i dati che certificherebbero l’aumento delle temperature della Terra, distruggendo tra l’altro i dati originali.
È pur vero che lo stesso Climate Gate potrebbe essere stato creato per danneggiare gli ambientalisti, ma se ciò non fosse, le colpe sarebbero da distribuirsi equamente.
Credo che sia sempre molto pericoloso e delicato affrontare tematiche sociali e ambientali in comunicazione. Si rischia spesso di sbagliare tono, di passare inosservati o di urlare troppo forte, senza raggiungere in entrambi i casi il proprio obiettivo.
Quello che è successo in Inghilterra insegna che bisogna stare molto attenti a come si decide di approcciare l’argomento e che bisogna farlo in modo consapevole e preparato.